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Battesimo di Cristo
Prima del restauro attualmente in corso (ottobre 1990) la grande tela col Battesimo di Cristo si trovava collocata nella Compagnia. Non vi sono però elementi sufficienti per ritenere che questa fosse la sua collocazione originaria. E’ stata proprio un’identificazione di questo dipinto con uno della serie di quadri con Storie del Battista documentati nel 1755 in Compagnia poi alienati e dispersi nel 1785 durante il periodo delle soppressioni leopoldine (cfr. Vannucchi, 1978, p. 14 e 17 e Mannini, 1990, pp. 19-20). Se non si può escludere che il seicentesco Battesimo di Cristo sia una delle opere scampate alle spoliazioni di quel periodo, sembra però più probabile che esso sia da identificare con un dipinto col Battesimo di Gesù nel Giordano citato dagli inventari ottocenteschi (Rondoni, 1863 e Carocci, 1889) posto in chiesa al primo altare di sinistra entrando, vicino ad un antico fonte battesimale del XVI secolo. Il coperchio di questo fonte viene ricordato come opera di particolare interesse: “in legno noce abilmente intagliato con ornati a mezzo rilievo e stemmi ripetuti di una famiglia Martini” (Rondoni, 1863). Tale notizia ben si accorda con quella riferita dal Calzolai (1966, p. 75) secondo cui il Pievano Pietro di Francesco Martini aveva commissionato un dipinto presso il fonte battesimale. Riunendo dunque i diversi elementi si può dire che il Pievano Martini committente della decorazione della cappella dedicata al Nome di Gesù, commissionò anche una “tavola” (come spesso venivano chiamati i dipinti di grandi dimensioni indipendentemente dal tipo di supporto usato) per l’altare posto vicino al fonte battesimale il cui coperchio recando gli stemmi Martini indicava una donazione della famiglia, (patrona della Pieve insieme ai Venturi) se non del Pievano stesso. Il Battesimo di Cristo rimase al primo altare di sinistra fino alla fine dell’Ottocento. Poi i successivi mutamenti subiti dalla chiesa e i numerosi spostamenti di opere mobili coinvolsero anche questo dipinto che venne allontanato dalla sua originaria collocazione.
Il Battesimo è stato pubblicato da Giulio Vannucchi come opera di scuola fiorentina del sec. XVII (1978, p. 61) e quindi riferito da Maria Pia Mannini (1988, pp. 20-21) all’ambito di Matteo Rosselli e datato ai primi decenni del Seicento. Lo stile di Matteo Rosselli (Firenze 1578 – 1650), il maestro accanto al quale si formò nella prima metà del Seicento un’intera generazione di pittori fiorentini, si riconosce nella composizione come nella impostazione delle figure e soprattutto nelle fisionomie dolci e regolari degli angeli che sostengono il manto di Cristo. Più che alla mano del Rosselli stesso sembra, però, che il dipinto sia da assegnare ad uno dei suoi allievi considerando alcune parti qualitativamente un po’ deboli come il corpo del Cristo o una certa rigidità delle figure.
Cronologicamente una datazione agli anni Trenta si accorderebbe sia con gli aspetti stilistici della pittura che con la committenza del Pievano Martini che tra il 1633 e il 1634 aveva chiamato pittori della cerchia del Rosselli per decorare la cappella in “cornu Epistolae” della Pieve.
Circoncisione
La Circoncisione della pieve di Sesto è ricordata nella settecentesca biografia del Vignali scritta da Sebastiano Benedetto Bartolozzi (1753, p. XIII) che in particolare elogiò la figura del sacerdote Simeone raffigurato mentre sta per circoncidere il Bambino. Sulla base di questa importante fonte biografica confortata dall’evidenza delle ragioni stilistiche, la critica recente ha più volte rammentato il dipinto fra le opere sicure del Vignali (Del Bravo, 1961 p. 38; Cantelli, 1983, p.143; Pagliarulo, 1986, p. 187) ma con una datazione agli anni Quaranta (Del Bravo) o intorno al ’45 (Pagliarulo) che ora può essere corretta e definita grazie all’interessante rinvenimento dell’iscrizione posta sulla base dell’altare “IAC. VIGNALIVS FT. 1634”.
Il restauro eseguito nel 1988 da Giovanni Papi (direzione dei lavori dr. Licia Bertani della Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici) eliminando le vernici ingiallite e lo sporco che coprivano la superficie pittorica ha reso nuovamente leggibile l’iscrizione. La Circoncisione di Sesto diviene così un importante punto di riferimento per lo stile del Vignali negli anni Trenta. Un confronto col dipinto di eguale soggetto ma precedente di alcuni anni eseguito dal Vignali per la Chiesa della Misericordia a San Casciano nel 1627, induce ad osservare che nel quadro di Sesto il Vignali si attenne a uno schema più solenne e consono all’iconografia tradizionale, dedicando una particolare attenzione allo studio della luce.
Dall’inventario degli oggetti d’arte della Pieve compilato da Ferdinando Rondoni la tela del Vignali risulta collocata nel 1863 all’altare della cappella Martini, ed egualmente in un inventario della metà dell’Ottocento conservato presso l’Archivio parrocchiale, si ricorda nella cappella “in corno Epistole” una tavola che rappresenta la Circoncisione di Gesù Cristo la cui cornice fu ridorata a spese della Congregazione dell’Agonia. Infine la relazione della Visita Pastorale di Monsignor Martini del 1797: nell’elenco dei benefici e obblighi fondati nella Pieve di San Martino è menzionata la “cappella di San Giuseppe all’altare della Circoncisione di collazione degli eredi del Signor Martini già Pievano” (Cfr. Calzolai, 1966, p.150).
Si può quindi affermare che la Circoncisione, ora collocata nel salone della Canonica, venne eseguita dal Vignali per l’altare della cappella Martini. Le notizie antiche ora ricordate infatti ben coincidono con la datazione della cappella, 1633, precedente di un anno a quella della Circoncisione; mentre va sottolineata la connessione fra le storiette affrescate nella volta della cappella dedicata al Nome di Gesù e il soggetto illustrato nella tela del Vignali: si tratta sempre di episodi dell’infanzia di Cristo e il legame concettuale fra l’uno e le altre risulta evidente.
Il Vignali fu allievo di Matteo Rosselli, lavorò più volte nel corso della sua attività a fianco dello stesso Rosselli o di altri artisti della bottega rossellesca: ad altri episodi noti di cicli o complessi decorati da pittori legati da questa stessa matrice culturale e stilistica si può dunque aggiungere la cappella Martini della Pieve di Sesto che con i suoi affreschi, dovuti appunto ad un allievo del Rosselli e la grande tela del Vignali costituisce un importante documento della pittura fiorentina degli anni Trenta del Seicento.
Cristo crocifisso
Chiesa di Santa Maria a Morello
“Cristo crocifisso” su tavola sagomata, dopo il restauro, è stato consegnato alla Pieve di San Martino